
20 Apr TEMPI DURI – Mare Aperto N.1 Nuova Serie
Non siamo pessimisti, ma realisti: saranno tempi duri. Riassumiamo una serie di dati economici oggettivi di dimensioni straordinarie, che hanno raggiunto in grande copia le pagine dei giornali e i notiziari più diffusi. Lo scopo è di mettere questi dati in una prospettiva storica, al fine di valutare cosa stia effettivamente succedendo e cosa sia lecito aspettarsi nel prossimo futuro, sia a livello finanziario sia a livello sociale.
Partiamo dai dati riguardanti l’economia reale.
1. La notizia che primeggia e si impone è quella relativa ai nuovi disoccupati americani: dopo undici anni in cui la crescita tranquilla ma costante del PIL USA (+2,2% in media) ha ridotto il tasso di disoccupazione dall’11% al 3,5%, abbiamo visto polverizzarsi nel giro di sole quattro settimane i risultati faticosamente ottenuti, e ben 22 milioni di persone restare improvvisamente senza lavoro. Come è noto, già dalla fine del Novembre 2019 si è diffuso un virus sconosciuto proveniente dalla Cina, che, favorito dalla reticenza delle autorità, ha contagiato il mondo intero. La novità e l’apparente alta mutabilità del virus hanno colto di sorpresa il sistema sanitario e il Governo cinesi. Quest’ultimo, coerentemente con l’impostazione autoritaria che lo caratterizza, ha cercato di risolvere la situazione con un pesante “lockdown”: la reclusione forzata ai domiciliari della popolazione, esclusi personale sanitario, forze dell’ordine e “servizi essenziali” legati al ciclo alimentare. Se da un lato questo sistema ha permesso di evitare una crescita esponenziale del numero degli infetti (data l’indisponibilità e il ritardo nel reperimento di altri mezzi atti al contenimento), dall’altro, replicato ovunque nel mondo si siano prese decisioni con ritardo analogo, ha cagionato, su scala mondiale, una letterale decimazione di alcuni settori economici.
2. Non è dunque sorprendente che all’arresto cardiaco di tanti settori, e alla diminuzione del giro d’affari di tanti altri, facciano riscontro discese di numerosissimi indicatori dello stato dell’economia, tali che verranno ricordate nei libri di storia. Facciamo alcuni esempi salienti relativi principalmente al sistema americano, che nel bene e nel male indica la direzione del resto del mondo:
a. nel mese di Marzo scorso le vendite al dettaglio sono scese di quasi il 9%; si tratta di una caduta mai vista nelle precedenti serie storiche di questo dato, che ha il compito di rilevare il polso di quel consumatore medio che rappresenta, con i suoi consumi, il 70% circa dell’economia Usa e in genere delle società avanzate;
b. la costruzione di nuove case, volàno dello sviluppo economico, è diminuita del 22% tra Febbraio e Marzo;
c. il tasso di fiducia dell’industria manufatturiera di New York, già debole a Febbraio (-21) è precipitato di oltre il doppio delle stime degli analisti a Marzo (-78);
d. Fuori degli USA, il PIL cinese ha registrato nel primo trimestre del 2020 -6,8% sul primo trimestre 2019.
3. Ai dati sopra ricordati per le due prime economie del globo fanno corona quelli di tutti gli altri paesi più significativi per le sorti del benessere mondiale; il Fondo Monetario Internazionale, che raccoglie statistiche e delinea scenari su tutte le nazioni, ha previsto una riduzione del PIL globale del -3%, quando negli anni scorsi il tasso di crescita si aggirava tra +3% e +4% . In particolare i paesi infragiliti da decenni di sviluppo modestissimo, come purtroppo l’Italia, rischiano di subire conseguenze più gravi e durature dei soggetti più forti, ulteriormente moltiplicate dalle modalità imprevidenti di contrasto al contagio adottate nel Belpaese.
Per dare un’idea sintetica di quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi, a quale altra esperienza potremmo ricorrere per paragonare quanto ad intensità l’attuale recessione, ormai già in corso anche se tecnicamente non dichiarata? Non a quella del 2008, originata dalla bolla immobiliare Usa, né a quella del 2000, dove la corsa dei prezzi della incipiente web economy si era spinta oltre il ragionevole, e forse neppure alle crisi dei paesi emergenti del 1994 (Messico) e del 1998 (Russia), confinate com’erano in zone non nevralgiche. La verità è che dalla fine della seconda guerra mondiale non ritroviamo nessun caso analogo paragonabile per intensità e per durata alle conseguenze della crisi attuale. Lo diciamo con rammarico e con la speranza che si attivi una imprevedibile capacità di reazione in grado di neutralizzare il pericolo che sta per ghermire l’economia di tutto il mondo e con essa la qualità della vita di milioni di persone.
Dobbiamo infatti anzitutto notare che alla velocità di distruzione dell’economia difficilmente corrisponderà una altrettanto rapida tempistica di ricostruzione. Peraltro le conseguenze di ciò saranno molto diverse tra chi più tempestivamente si è attrezzato per convivere economicamente con questa pandemia e chi non ne è stato capace e sta assistendo alla progressiva devastazione della capacità produttiva ben al di là dello strettamente inevitabile.
Una ricerca svolta il mese scorso da Duckerfrontier, una società di consulenza strategica legata al Wall Street Journal, documenta come la grande maggioranza dei rispondenti al questionario proposto ritenga “molto improbabile” di tornare in un ristorante, organizzare una vacanza o prendere un biglietto aereo nei prossimi sei mesi. Come sappiamo, infatti, la principale regola da seguire per evitare il diffondersi del virus – la distanza sociale tra persone di almeno 1-1,8 metri – rende quantomeno problematiche e condizionate a pesanti trasformazioni sia la ripresa della produzione, sia la fruizione dei più elementari servizi, in particolare quelli legati ai trasporti loali e non, al turismo e all’intrattenimento.
Non sfugge che a fronte della riduzione dei ricavi per molti settori ci sarà una diminuzione dei consumi, e che questa dinamica può facilmente portare ad una spirale deflazionistica, dove i prezzi dei beni e servizi calano inesorabilmente in modo generalizzato.
E’ presto per dire se si tratterà solo di recessione o addirittura di depressione: i prossimi mesi ci riveleranno quale sorte ci attende. Resta però l’osservazione dei dati di cui sopra per motivare la convinzione che non si tratti di un episodio breve e superficiale.
La differenza potrebbe essere rappresentata da una nuova stagione di riscrittura e semplificazione delle regole sociali con lo scopo di liberare energie economiche ancora disponibili: snellimento burocratico, alleggerimento fiscale, approntamento di migliori infrastrutture senza pastoie eccessive.
Oltre agli illustrati dati negativi, di cui occorre seriamente prendere nota, vanno in ogni caso segnalati anche i primi tentativi di reazione volti a neutralizzare i danni della pandemia o almeno ad attenuarne la portata. Con encomiabile velocità la banca centrale americana e i due rami del parlamento hanno varato in tempi fulminei programmi di sollievo per i disoccupati, per i settori maggiormente danneggiati e per i soggetti economici più deboli (piccole e micro imprese). Resta naturalmente da vedere quanto saranno efficaci queste misure, che hanno certamente mosso risorse inaudite nella storia economica globale, ma che hanno carattere temporaneo e dovranno essere sostituite nel tempo da un graduale ritorno alla normalità.
E i mercati finanziari? Dopo circa un mese di discesa a picco il 24 marzo i principali indici azionari Usa hanno mostrato il primo rimbalzo, mettendo in scena una spettacolare rimonta che li ha riportati su livelli ancora distanti dai massimi di sempre ma in territorio di semplice “correzione” invece che di “mercato orso”: l’indice S&P 500 di New York è tornato in poco tempo intorno a 2800 dopo essere precipitato da quota 3386 a quota 2237. Alcune grandi banche di Wall Street hanno dichiarato il cessato allarme, ma se da un lato questo potrebbe confortare, occorre anche manifestare un certo scetticismo sull’affidabilità di queste previsioni, che appaiono dettate più da un calcolo di mercato che da una vera convinzione basata sui dati macroeconomici. A nostro avviso, infatti, il quadro generale – rebus sic stantibus – non autorizza alcun segnale di scampato pericolo riguardo ai mercati. Del resto, a testimoniare l’affanno in cui si trova l’economia mondiale basterebbero la costante discesa dei tassi di interesse, che stanno arrivando in prossimità dello zero anche negli USA – ultimo baluardo contro i tassi negativi, e gli interventi pubblici di banche centrali e governi, che sfornano manovre a ripetizione nel tentativo di tenere assieme il sistema così com’è.
C’è chi si sta chiedendo se non sia proprio questa caparbia volontà di ritenere inammissibili le recessioni, con interventi sempre più estremi per evitarle o almeno rinviarle (vedasi la creazione di oceani di liquidità) una concausa della situazione in cui ci troviamo oggi. “Ai posteri l’ardua sentenza”, ma improvvisamente, in modo imprevedibile e imprevisto, ci ritroviamo nel punto di una svolta epocale in cui l’ordine economico internazionale, costruito nel 1944 a Bretton Woods negli Stati Uniti, subirà una profonda trasformazione.
CONCLUSIONI
A fronte della divergenza eclatante tra i dati dell’economia reale e quelli delle borse valori è necessario propendere per la prevalenza degli uni o degli altri. Non si tratta di compiere scelte manichee, ma di assegnare livelli di probabilità agli eventi futuri; ci dispiace dover dire che allo stato dei fatti troppi segnali puntano verso probabilità negative, tali per cui nei prossimi mesi è facile che siano piuttosto le borse a seguire i dati macroeconomici in territorio ribassista.
Logicamente tali considerazioni si riverberano con un forte impatto sulla composizione dei portafogli che consideriamo adeguata.
Con l’indice di volatilità sullo Standard & Poor’s 500 (VIX) intorno a 40 (la media storica è intorno a 15) ci appare troppo rischioso dedicare risorse al settore azionario, a meno di non entrare in ottica di trading. Forse vale la pena fare qualche eccezione per azioni legate al settore medico.
Pensiamo che per qualche mese sia probabilmente meglio distribuire le risorse su oro, titoli di Stato USA a breve e liquidità in dollari. In una situazione di grande incertezza questo tipo di investimenti ha ottime possibilità di reggere l’urto degli avvenimenti e persino di dare qualche eventuale soddisfazione. I più aggiornati potrebbero anche avventurarsi in modica quantità su Bitcoin, un altro attivo adatto a conservare ed accrescere significativamente il suo valore in questo periodo.
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